AVVENTURE IN QUOTA



Fumo sotto la Grivola


Data di pubblicazione: 27 ottobre 2014
Scritto da: Luca Bausone
(Bivaccata al Gontier, nella disperata missione di cucinare una grigliata di carne e conquistare, il giorno dopo, la vetta di Punta Trajo)

È da tempo che cerchiamo di prenotare al mitico bivacco Mario Gontier; è una splendida e confortevole baita gestita dalla gentile famiglia Gontier di Aymavilles, sita in uno dei posti più incantevoli della Valleé, all’alpeggio del gran Nomenom e al cospetto dell’omonima montagna ma soprattutto della parete Nord-est della Grivola. Il Bivacco è confortevole con coperte pulite, stufa a legna, stoviglie e fonte esterna e l’accesso è per comodo sentiero in buona parte boschivo. Dopo una serie di tentativi falliti riesco a prenotarlo per un weekend, telefono all’eterno Koala (detto anche Federico o forse Federico detto anche Koala) che, in men che non si dica, recluta Matteo e Giorgio, altri due "flintstoniani" ormai onorari. Ci troviamo il sabato mattina all’enorme supermarket di Aosta, si fa la spesa per la cena al bivacco. Purtroppo, siamo piuttosto affamati per cui tendiamo un poco ad esagerare nella spesa: compriamo praticamente un paio di quarti di bue, un maiale intero e piuttosto corpulento, tanta polenta da ricoprire la Grivola in vista di una improbabile discesa su polvere gialla e altre vettovaglie per un reggimento. Federico viene fermato mentre sta per comprare un carrello barbecue da 70 chili da trascinare per il sentiero e una padella per frittura dal diametro di 80 centimetri abbondanti. Al momento di uscire ci viene il dubbio di aver dimenticato qualcosa e ci procuriamo un’anguria da 15 kg. e quattro meloni da 2 chili l’uno e una torta a due piani stile nuziale, giusto per il dolce. Soddisfatti per gli acquisti, anche se intimamente convinti di essere stati un po’ striminziti, ci dirigiamo ad Aymavilles per il ritiro delle chiavi e poi a Epinel dove pranziamo e lasciamo una delle due macchine in vista del giro ad anello programmato. Con l’altra macchina invece ci dirigiamo al borgo Sylvenoire, sopra Vieyes, dove inizia il sentiero che sale per il Bivacco. Al parcheggio realizziamo di aver comprato un po’ troppo per cui decidiamo di lasciare qualche cosa di superfluo in macchina, tra cui una confezione di zollette di zucchero che, per il caldo, mi caramellerà completamente e definitivamente il baule, un pollo intero a cui rispunterà miracolosamente la testa e il piumaggio (ora ospitato da un simpatico contadino del borgo), il melone e l’enorme anguria da 15 kg. che, al momento della scelta dello sfortunato trasportatore, smette improvvisamente di piacerci. Partiamo, l’indicazione al cartello è chiara e inequivocabile BIVACCO GONTIER 2 H 30 M. L'indicazione è all’inizio del borgo ma non capiamo dove si passa; la direzione la sappiamo ma non troviamo un sentiero o poderale che si diriga dalla parte giusta.


Il villaggio di Sylvenoire



Grinta e determinazione tra le vie di Sylvenoire City


Ci perdiamo un paio di volte, Sylvenoire ci pare una città sconfinata, a un certo punto mi aspetto di trovare persino una fermata della metro. Passiamo un paio di volte davanti ad un cortile, per fortuna recintato, dove un cane-cerbero ci abbaia rabbiosamente; la terza volta che gli ripassiamo davanti disperati, un po’ per pena, smette di ringhiare e si limita ad osservarci sorseggiando stancamente un tè freddo all’ombra di un abete. D’altronde fa un caldo porco e noi siamo già stanchi. Troviamo il sentiero a mezzacosta che ci porta nell’impervia gola da risalire, tagliata dall’impetuoso torrente Nomenon (in realtà all' alpeggio di Planpessey dobbiamo già consultare la cartina perchè i dubbi ci tormentano nonostante un ovvio cartello bianco con freccia e con la scritta: Bivacco Gontier).


Consultazione della cartina poco fuori Sylvenoire


Passiamo un ponticello e iniziamo la risalita, la frescura del bosco ci ristora per cui procediamo rilassati , i 20 kg. di zaino a testa non ci pesano, il Koala rimpiange il mancato acquisto del carrello barbecue. Arriviamo al pianoro superiore, alla fine del bosco, e iniziano a comparire Grivola e Gran Nomenon, imponenti e inaccessibili; ancora un piccolo strappo e, come d’incanto, compare l’alpeggio del Gran Nomenon e il bellissimo bivacco/baita a lato.


Risalendo il piano superiore, con vista Grivola



Arrivo al bivacco Gontier


Apriamo la porta e ci installiamo scaricando il pesante ben di dio gastronomico, il bivacco è pulitissimo e dotato di stufa a legna, fornelli ma purtroppo senza bombola ed è senza luce . Poco male, siamo dotati di frontali e comunque è estate per cui avremo luce fino a tarda ora. Ci facciamo una bella sgambata nel vallone sotto le balze sfasciumate della Grivola che porta al lunare Col de Belleface e poi iniziamo a preparare la grigliata con le seguenti modalità: Io e Matteo fuochisti, Giorgio spaccatore di legna e il Koala/Federico alla preparazione dei cibi ( anche dal lato estetico ).


Giorgio il taglialegna








E qui si consuma il dramma: io e Matteo come fuochisti siamo di due scuole di pensiero diversi, lui apre gli sportelli della stufa per far respirare la fiamma e io che li chiudo perché mi pare che esca troppo fumo. Il risultato è che il bivacco si trasforma nell’interno di una ciminiera. Il Koala sviene mentre affetta un voluttuoso salame, non ce ne accorgiamo per la fitta nebbia per cui passano minuti preziosi, entra provvidenzialmente Giorgio (che nel frattempo si è appassionato nel suo nuovo compito e ha accettato una quintalata di legna) che si accorge del dramma e trasporta fuori il povero Koala (che vi ricordiamo è un’animale protetto in via d’estinzione) ormai cianotico. Non respira e ha un pallore inquietante, giace riverso sul prato antistante il bivacco, siamo disperati e pensiamo che verremo denunciati sicuramente dal WWF per aver soppresso l’ultimo esemplare di Koala della Vallée. Nel frattempo, le vacche ritornano dall’alpeggio, è tutto in tintinnare di campanacci. Mentre pensiamo come sbarazzarci del cadavere, una di queste si avvicina allo sventurato compare, un paio di belle lappate, un’alitata e una bella e sana defecata a qualche centimetro dal capo e miracolo, Lazzaro si risveglia. Le sue prime parole sono “MA CHE SCHIFO…” ha ripreso il suo colorito, d’altronde le vacche del Nomenon sono rinomate per cui si presume si alimentino bene e depositino di conseguenza roba sana, anche se molto odorosa.


La nebbia si sta impossessando del Gontier








Dopo lo scampato pericolo mettiamo il Koala ad affettare all’esterno, Giorgio riprende a fare il boscaiolo mentre io e Matteo troviamo una bella piastra d’ardesia da utilizzare per una “pierrade” alla buona. La piazziamo sulla stufa e iniziamo così a riscaldarla, io e Matteo riprendiamo la tenzono tra fautori dello sportello aperto e seguaci di quello chiuso. In realtà l’ardesia forse fa un po’ da tappo e il camino non tira troppo bene per cui dopo una ventina di minuti non ci si vede a mezzo metro e dobbiamo uscire dal bivacco ogni 5 minuti per non asfissiare.







Alla fine la pietra si scalda, provo a tastarla per verificare la temperatura e mi cancello definitivamente le impronte digitali dell’indice e del medio della mano destra, esco dal bivacco per urlare per la dolorosa ustione e comunico a Federico e Giorgio che possiamo iniziare la ricca cena. Il lastrone funziona in modo eccellente per cui, dopo aver attaccato salumi e formaggi, iniziamo con la pierrade, l’atmosfera nel bivacco è un po’ fumosa, tipo club jazzistico, ma ormai assuefatti all’ atmosfera, non ci facciamo caso. La cena è sontuosa, nel frattempo ci viene in mente che un paio di candele non stonerebbero, provo ad andarle a chiederle al pastore ma appena mi avvicino un altro cane cerbero, molto simile a quello di Sylvenoire (forse gemelli?) mi sbarra la strada ringhiando. Provo a ringhiare anch’io ma non la beve, il fetente. L’alpeggio è composto da vari edifici per cui provo una strada alternativa, fischietto e mi allontano dal cane che mi osserva con un’attenzione astiosa. Compio un giro largo, sono silenzioso, non sento il cane muoversi, mi avvicino alla casa del pastore, è fatta, giro l’angolo e…il diabolico cane è lì. Mi ringhia soddisfatto, dalla rabbia penso che avrei potuto portare una doppietta o magari qualche polpetta soporifera, rinuncio all’impresa e alle candele e ritorno al bivacco dove trovo il cerbero che si fa docilmente accarezzare da Giorgio (circondato da alte cataste di legna appena accettata, era stato fermato da Matteo mentre stava attaccando il bosco sottostante). Dopo il cenone iniziamo a scattare un po’ di fotografie notturne, Grivola e Gran Nomenon saranno anche pericolose da scalare ma esteticamente sono bellissime, e in aggiunta il bivacco è una casa delle bambole.







Dopo una sana dormita nei confortevoli letti, a finestra rigorosamente aperta visto la pericolosità del fumo ancora presente all’interno, l’indomani ci dirigiamo verso il colle del Trajo, il posto è selvaggio e suggestivo, in lontananza dalla parte opposta si vede lo stranissimo Colle di Belleface, un’appendice di deserto africano installata a 3000 metri d’altezza. Arriviamo al colle, ci rifocilliamo e iniziamo la risalita a Punta Trajo, facciamo in tempo a perderci e smadonnare un po’ nella pietraia e , dopo aver arrampicato un breve intaglio, risaliamo il breve tratto di cresta fino alla punta; inutile dire che il panorama è grandioso. Dopo aver riguadagnato il colle scendiamo per l’incontaminato Vallone del Trajo, la discesa è eterna sia per dislivello e sviluppo ma la giornata è bella per cui facciamo in tempo a gustarci i panorami senza fretta. Raggiungiamo Epinel stanchi ma soddisfatti e pronti per una birretta; è appena finito un divertentissimo weekend sui monti, è tempo di progettarne un altro…


In vetta a Punta Trajo


La relazione di questa gita la trovate QUI

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