AVVENTURE IN QUOTA



Scappo dalla città...vado al Pascal.


Data di pubblicazione: 24 novembre 2014
Scritto da: Luca Bausone
È fine agosto, la stagione è stata avara di belle giornate ma questa volta il meteo è dalla nostra. Vito, dopo un entusiasmante viaggio in Islanda, è voglioso di monti. Il ricordo dell’adrenalinica gita del Borroz è ancora ben vivo (d’altronde essere assaltati da famelici tafani e braccati da un pericoloso temporale sono esperienze che lasciano una traccia indelebile nella psiche umana) ed essendo Vito un’amante del rischio offre piena disponibilità per il weekend. Gli propongo il Pascal, bivacco ai livelli del Borroz in quanto a comodità, e allo stesso tempo dirimpettaio della catena del Bianco, un posto incredibile per una sessione fotografica di livello. L’altro collega Luca, sentendomi magnificare la destinazione, manifesta l’ardente desiderio di partecipare; lo avverto che l’escursione è molto lunga (dopo un lungo attraversamento nel bosco, si compone di un’ erta salita dal villaggio di Liconi all’incantevole omonimo lago, una parte pianeggiante lungolago e un’ulteriore strappo finale verso il bivacco, a pochi metri dalla testa di Liconi) ma non si scoraggia; va spesso a correre per cui l’allenamento non gli manca anche se il dislivello un po’ lo inquieta. Ci troviamo a Morgex alla frazione della Ruine dove, al grido di “prendiamolo…non si sa mai!” svaligiamo il Mini Market con la solita serie di acquisti gastronomici ridondanti e con peso specifico non indifferente, Vito e Luca approfittano per acquistare una birrona San Bernardo a testa e ci dirigiamo, più agguerriti che mai a Morge, alla partenza del sentiero. Si fa un sommario controllo materiale e il risultato è inquietante. Vito, come al Borroz, si trascina dietro materiale fotografico praticamente da reportage matrimoniale, io ho la solita esorbitante quantità di cibi pure loro da pranzo matrimoniale (tanto per essere in tema), Luca, pur non avendo nulla di necessario ad un matrimonio è in condizioni drammatiche; sfoggia un ingombrante zaino old style con telaio in alluminio (come peraltro Vito) e purtroppo, causa fraintendimento con il sottoscritto, sfoggia un pesantissimo piumino da città con collo in pelo. In effetti l’avevo allertato sulle temperature rigide che avremmo trovato a 2900 metri consigliandogli abbigliamento adatto, consiglio che ha preso forse troppo alla lettera con un capo degno di una spedizione artica. Nonostante tutto partiamo con buon passo agevolati anche dalla discesa iniziale dopo Morge, poi rallentiamo ma in linea coi tempi arriviamo a Liconi.







Sostiamo per il pranzo con i ricchi panini king size iper-farciti che ci siamo fatti preparare dall’allibito negoziante, io sorseggio prudentemente acqua mentre i miei soci, meno prudentemente, sorseggiano le lussuriose birre. Inizia il tratto più lungo e impegnativo della salita dal villaggio al Lago che, come da copione, coincidendo con l’ora più calda della giornata, si trasforma nell’usuale Golgota che spesso contraddistingue le nostre gite. Il passo è lento e capisco che sarà una salita eterna, i miei colleghi arrancano sotto il peso dei due macigni che portano alle spalle, sudano birra come due freschi reduci dall’Oktoberfest. Il mio cuore non regge a vederli con la lingua sotto le suole per cui, perfidamente, raccolgo le forze, salgo piuttosto fluidamente, nonostante il peso del supermarket sulle spalle, e li aspetto al lago per rifocillarmi e riposare un poco. Dopo un’attesa interminabile i miei soci arrivano in condizioni drammatiche; Vito, in pieno stato confusionale, si crede ancora in Islanda e cerca disperatamente un geyser mentre Luca oltre a sudare completamente la San Bernardo si è completamente disidratato sotto il peso dello zaino, appesantito anche dal piumino artico.



















Dopo una lunga sosta ci dirigiamo verso l’alpeggio dove troviamo due escursionisti che provengono dal Pascal. Io sogno il bivacco tutto per noi ma crolla il mio desiderio quando apprendiamo che il bivacco è abitato da due coppie intenzionate a passarci la notte. I compari, ancora in preda allo sfinimento, mi guardano minacciosi ricordandosi delle mie profetiche parole “al bivacco di solito non si ferma nessuno”, poi alla rabbia subentra prima la rassegnazione e poi la consolazione; “vabbè” pensiamo” speriamo solo siano simpatici, vorrà dire che divideremo la cena con loro (e quantitativamente problemi non ce ne sono…) e sorseggeremo un genepì notturno durante la sessione fotografica. Saliamo fiduciosi, Vito e Luca non si sono ripresi completamente, barcollano e guardano sconsolati alcuni stambecchi che scorrazzano agilmente al laghettino tra il bivacco e il lago Liconi, da gran bastardo decido di accelerare un po’ e raggiunto il bivacco stringo amicizia con le due coppie, accompagnate da due simpatici cagnoni, svolgendo mansioni da p.r. Ora una matematica e semplice addizione mi porta ad un risultato unico ed inequivocabile, che non è quello atteso: due coppie + due baldanzosi cani + tre escursionisti per nulla baldanzosi = non siamo soli manco per un….praticamente un bivacco indiano. Vito e Luca arrivano finalmente al bivacco, sei lunghe e calde ore ci son volute per la salita, sulle condizioni fisiche meglio stendere un velo pietoso, il morale comunque è alto; quando sua maestà il Bianco compare in tutto il suo splendore ogni fatica è superata. Preparo un aperitivo prosecco tartine calde, tagliere che facciamo al tavolone davanti al bivacco … i signori li invito al banchetto, fanno ipocritamente i timidi come da galateo, poi cedono alle prelibatezze e si uniscono nel brindisi, aperitivo e digestivo prima e dopo cena (sono saliti molto leggeri, quasi non hanno nulla per cena, direi che a trovarci hanno avuto un culo grande come les Grandes Jorasses che ci fronteggiano….)
















Ceniamo con tomini caldi, polenta e spiedini …una cena in quota dal rinomato Chez Koala, cuoco da una stella Michelin! Una delle tipe si offre per aiutarci a preparare del tè caldo da bere tra aperitivo e cena… guarda Luca in modo malizioso e gli chiede in tono simpaticamente provocatorio: “Mi serve un cucchiaino, Se mi dai un cucchiaino…. Ti faccio un servizietto …” Luca avvampa incredulo, non suda giusto perché la salita lo ha completamente disidratato, io e Vito ci guardiamo allibiti scoppiando a ridere con gli ormoni in subbuglio (e a quelle quote una simile disfunzione può essere pericolosa…). Dopo la cena pantagruelica, una sessione fotografica di tutto rispetto con e genepì digestivo ci rechiamo nei nostri giacigli.
















Di prima mattina decido di alzarmi per scattare qualche foto all’alba, nell’oscurità inciampo contro qualcosa nel corridoio, un cane inizia a ringhiare ed abbaiare. Ho cozzato contro la sua padrona che, per evitare i continui raspamenti del cerbero, si è spalmata in corridoio (cosa non si fa per i cani…); il risultato è che ora siamo tutti svegli, probabilmente ho svegliato anche gli ospiti dei rifugi e bivacchi circostanti, dal Rifugio Torino al Dalmazzi. Il tutto per nulla, ho un po’ anticipato i tempi, fuori l’oscurità è totale per cui torno a letto scornato sotto lo sguardo astioso e assonnato degli ospiti. Dopo poco è il turno di Vito che, facendo un grossolano errore di valutazione sulla distanza tra piano superiore del letto a castello e pavimento sottostante si spalma sul piastrellato con un tonfo terribile. Gli attimi che seguono sono angosciosi, mi chiedo se è vivo o meno e impugno il cellulare pronto a chiamare il 118 per un rapido elisoccorso. Dopo secondi interminabili sento una vocina tremante “sto bene”; accendo la luce convinto che davanti a me comparirà solo un’accozzaglia di carne e sangue e, miracolo dei miracoli, Vito è vivo e integro, anche se non in perfetta forma. Come gli animali dotati di proprietà mimetiche oltre a appiattirsi incredibilmente sul pavimento, ha anche assunto colore e motivo delle dure piastrelle per cui è anche difficilmente distinguibile, un capolavoro di mimetismo da far schiattare un camaleonte. Finalmente giunge l’alba, scattiamo qualche bella foto, e ripuliamo il bivacco dopo un’abbondante colazione.







Scendiamo con una coppia, l’altra, di cui fa parte la simpatica provocatrice, rimane con il compagno al bivacco per cui iniziamo a malignare ma con benevolenza su di loro e sull’attività che intendono svolgere in solitudine a 2900 metri. Scendiamo ritmo rapidamente al Lago Liconi, Luca non è alla frutta e neppure al digestivo, è così a pezzi che è già alla brioche del giorno dopo, per cui mi offro di portare il suo piumino piombato nel mio zaino visto che il supermarket è stato scaricato nei nostri stomaci e lo zaino è più leggero (gesto nobile che però sgretolerà definitivamente le mie già provate spalle). Sostiamo in riva al lago licony per scattare qualche foto e riposare, io, ancora eccitato dalla provocatrice, ne approfitto per limonare con una disinibita mucca. E’ amore a prima vista per cui spesso è nei miei sogni. Torniamo al villaggio per pranzare con gli ultimi rimasugli e rientriamo a Morge stanchissimi, anche perché la parte finale include una risalita per noi taglia gambe. Da lì scendiamo nel primo pomeriggio al campo sportivo di Morgex, stanchi come nella tradizione escursionistica di noi Flintstones ma, sempre come da tradizione, felici e di splendido umore.

La relazione della gita la trovi QUI.

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