AVVENTURE IN QUOTA



Ai,ai,ai se faccio un figlio, ai,ai,ai, lo chiamo....Emilius!!


Data di pubblicazione: 15 dicembre 2015
Scritto da: Luca Bausone
NOI PERO’ ABBIAM FATTO UNA FERRATA…

E’ da un po’ che io e il Koala giriamo intorno a questa ferrata e il weekend con meteo “grand beau” , come dicono oltralpe, dà la spallata finale: è giunto il momento.


Macchia Nera verso il Colle


Si tratta di salire con gli impianti di Pila, scollinare e risalire al Bivacco Zullo , sotto la Becca di Nona e noi Flintstones, con grande convinzione, lo facciamo il pomeriggio del sabato per non allungare troppo la permanenza al bivacco, che dalla foto sembra una scatola per sardine. Arriviamo per l’ora di cena e, visto che la salita finale è un po’ ripidotta, e noi comunque tra kit ferrata, sacchi a pelo, provviste per la cena e altri irrinunciabili articoli per passare la nottata (per la precisione due orsacchiotti di pelouche per la notte, un pallone di plastica giallonero per farci due tiri come aperitivo, due bottiglie di chianti, una di vov, due colbacchi, un narghilè e una pietra ollare ma forse mi dimentico qualcosa…) non siamo leggerotti, arriviamo al colle dove sorge il bivacco affannati e sudati.


Eccoci al Bivacco Zullo..



Macchia Nera perplesso...


Ovviamente in loco il divino Eolo, che spesso è un umorista simpatico anche se un po’ stronzo, si alza impetuoso per cui noi, con un lieve ma pericoloso principio di ipotermia , ripariamo nella famosa scatola per sardine dove incrociamo altre due sardine che galleggiano nell’olio. Sono una coppia di simpatici inglesi, pure lei intenzionata a bersi la famosa ferrata, facciamo due tiri col pallone giallonero nei pressi del laghetto sottostante il bivacco (dove sorge il casotto di caccia che usiamo come porta) simulando un cavalleresco Italia-Inghilterra che termina prima di degenerare in rissa grazie ad un colpo di vento che trasporta il pallone a centro lago. In questo caso Eolo è intervenuto provvidenzialmente per cui le due squadre si riappacificano ed entriamo intirizziti nella scatola che effettivamente è angusta e anche sullo sporchino; i posti letto sono 9 dotati di un numero di coperte che, benché numericamente sufficienti, chiedono tutte disperatamente pietà per non essere vanamente utilizzate e sono tutte irrimediabilmente ostaggio di miliardi di feroci acari d’alta quota. Purtroppo, io e Kolly siamo dotati: Io di un sacco a pelo risalente alle guerre puniche e tarato per temperature a -10; nel mio caso vuol dire che se la temperatura esterna al sacco è 0, tu ci entri dentro e raggiungi rapidamente una temperatura di -10 Il Koala di un sacco a pelo di carta velina ormai più sottile e meno efficiente di un sacco letto. Scegliamo purtroppo un paio di coperte a testa che, dopo la scelta, piangono a dirotto; sono malridotte e ce ne accorgiamo perché passiamo una notte infernale, trasmettiamo il tremore persino al bivacco che vibra svegliando varie volte la coppia di inglesi. Al risveglio la giornata si conferma bella, noi siamo infreddoliti ma motivati visto che non vediamo l’ora di iniziare anche per scaldarci un po’ per cui, dopo una frugale colazione partiamo lancia in resta.


Ora di scalare!


La coppia di inglesi è già partita ma sono un po’ lentucci; li raggiungiamo in breve tempo sulla facile cresta della prima parte di ferrata. Fanno un po’ da tappo per cui rallentiamo e ci concediamo anche una breve sosta per non rischiare un esaurimento nervoso.


Koala su ferrata


Riprendiamo e dopo poco la cresta si fa più aerea fino al tratto più aereo della ferrata: il celeberrimo ponte tibetano tra due torrioni. Per essere aereo è aereo, sembra anche un po’ ballerino. Faccio passare davanti l’ignaro Koala con l’ignobile scusa di volerlo immortalare al passaggio sul ponticello. “Vediamo se regge…” penso con grande viltà e allo stesso tempo con grande lucidità. Il Koala passa sul ponte traballante con passo lento ma sicuro. Il ponte un po’ vibra, scatto una sequenza di foto (nel caso crolli il ponte ho le foto del dramma in sequenza da vendere alla cronaca nera…) fino a quando raggiunge il solido torrione.


Il famigerato tibetano



Tibetano superato


Parto io, scendo i ripidi pioli metallici che raggiungono l’attacco della ferrata e parto con coraggiosa convinzione, stavolta è il Koala che scatta dall’altro capo del ponte con un sorriso sadico. Non mi faccio intimidire, guardo verso di lui alla fine del ponte e avanzo con passo sicuro, guardo il cielo azzurro è una bellissima giornata, mi sento bene, benissimo fino a quando non decido di volgere lo sguardo in basso. Un urlo echeggia nella Valle (pare che l’abbiano avvertito anche ad Aosta zona centro)” Ma porca p……”. L’abbronzatura è ormai irrimediabilmente persa, avanzo lentissimamente aggrappandomi alle guide del ponticello e nel contempo scorticandomi le mani. Traballo terribilmente, traballa pure il ponte e forse anche un po’ i torrioni, penso che i tibetani in fondo potessero farsi una carriolata di cazzi loro invece di attaccarci la mania di questi trabiccoli instabili; il perfido Koala, nel frattempo, scatta foto a raffica. Quando raggiungo il torrione sono in stato di completa disidratazione, ho sudato oltre alle proverbiali sette camicie, una dozzina di shirt tecniche più 10 paillette e una dozzina di soft-shell, bevo copiosamente “Un po’ aereo…” bofonchio mentre riprendiamo la ferrata che prosegue più tranquilla anche se parecchio aerea e raggiungiamo in men che non si dica i due inglesi.


Koala in action



Pausa?


Sono veramente due lumaconi, lasciano anche un po’ di bava sui cavi, sono anche gentili comunque e ci offrono di passare ma siamo ormai giunti alla fine del primo tratto di ferrata (quella considerata facile) per cui alla fine dei cavi ci salutiamo cordialmente. Riprendiamo fiato, fa caldo e ci aspetta la parte più dura della ferrata, almeno dalle relazioni. Qualche relazione parla pure di una parte di cavi tranciata da una frana più o meno all’inizio della seconda parte per cui sconsigliano l’attraversamento. “Sono relazioni vecchie” tranquillizzo il socio “avranno sicuramente riparato il cavo ormai…”


All'inizio della seconda parte di ferrata.


Dopo qualche centinaio di metri piuttosto facili su cresta scendiamo di qualche metro e arriviamo al punto incriminato che, come da tradizione, è ancora in dissesto geologico con il cavo tranciato per un centinaio di metri. ” Mi sa che le relazioni erano aggiornate…” borbotto al Koala inviperito. Dopo un paio di minuti impiegati da entrambi nella produzione di sempre più fantasiose imprecazioni decidiamo coraggiosamente di provarci; inizio io e con lo stesso passo barcollante avanzo imperlato di sudore verso il punto dove il cavo è intatto e la ferrata riprende il suo percorso. Il terreno è franoso e ripido per cui ad ogni passo stacco un po’ di sassi e terra che si catapultano nel canalone sottostante, l’abbronzatura persa al ponte tibetano e riguadagnata nel resto della ferrata ora è di nuovo irrimediabilmente sbiancata, ogni tanto intervallo con qualche bestemmia giusto per sfogare la tensione. Alla fine, arrivo allo snodo dove riattacca la ferrata dove mi riaggancio avidamente con i moschettoni del kit ferrata e, ormai in prenda a raptus alpinistico autoassicurativo, con 2 longe con moschettoni a ghiera, uno spezzone di corda, un paio di manette e una catena per motorini con lucchetto a combinazione (neppure il mago Houdini si sarebbe incatenato così saldamente). Parte Federico e anche lui soffre pene dell’inferno, ovviamente scatto parecchie foto, in alcune particolarmente nitide fermo le gocce di sudore che scendono a cascata dalla sua fronte. Nonostante la pena pure lui arriva comunque a destinazione, si assicura convulsamente al cavo con il solito kit e in aggiunta si avvinghia su una roccia spalmandosi su di essa a ventosa come una patella. E’ quasi fatta comunque, ci idratiamo adeguatamente e riprendiamo la ferrata (dopo qualche attimo di terrore poiché non mi ricordo più la combinazione della catena del motorino…) che, benché più aerea e complicata del pezzo precedente, è più breve e comunque ferrata benissimo con ottima disposizione di cavi, snodi e pioli per cui arriviamo in cima abbastanza agevolmente sebbene stanchi. Panorama spaziale, vista anche la giornata, foto di vetta e iniziamo la discesa che si può sintetizzare in una sola parola: interminabile. La prima parte è su ripide rocce sulle quali annaspiamo sotto un sole cocente, proseguiamo per il lungo vallone dove esauriamo le residue forze; il risultato è che arriviamo al Rifugio Arbolle in stato di morte apparente, cerchiamo un riposo sul prato antistante il rifugio ma siamo in lotta contro il tempo, dobbiamo raggiungere l’arrivo della seggiovia dello Chamolé prima che chiuda costringendoci a una devastante discesa su Pila.


Quando il gioco si fa duro...


Affrontiamo il Col Chamolè con lo stesso passo degli zombie nel film “a volte ritornano”, persino i bambini si spaventano, siamo più vicini alla famiglia Adams che ai Flinstones ormai; ci fermiamo ogni 50 metri ma l’idea di perdere la seggiovia con conseguenze rovinose ci sprona a continuare. Arriviamo in cima delirando, io stranamente riprendo un po’ vigore (il terrore della seggiovia prevale sulla stanchezza) e scendo al lago quasi correndo. L’idea è di raggiungere la seggiovia appena in tempo per poi pregare i gestori di aspettare Federico (e anche una decina di escursionisti con lo stesso problema) per riportarci giù a Pila con l’ultima corsa. Al sentiero del traverso finale arrivo in leggero ritardo, inizio a pensare alle modalità con cui posso suicidarmi in caso di seggiovia irrimediabilmente ferma (penso a ingoiare il kit ferrata partendo dal moschettone, non ho purtroppo la picozza con cui potrei abbozzare un pratico harakiri) ma la fortuna ci assiste: la seggiovia funziona e funzionerà ancora per mezz’oretta. La chiusura è prorogata per la gara internazionale di mountain bike; mi inginocchio e piango davanti all’allibito gestore e ad alcuni partecipanti stranieri con le bici sulle spalle. Dopo poco arriva il Koala con passo barcollante insieme ad altri disperati, ridono tutti convulsamente, hanno capito che ormai è fatta; saliamo sulla seggiovia con allegria contagiosa, alcuni dei disperati baciano il giornaliero prima di far scattare la sbarra, sono scene deliranti e nello stesso tempo strappalacrime. Per quello che ci riguarda Pila ci aspetta con due enormi birrone da consumare, la ferrata è timbrata e noi irriducibili Flintstones siamo già proiettati verso nuove avventure…


L'agognata vetta


Di seguito trovate le relazioni di queste gite:
Bivacco Zullo
Monte Emilius (Via Ferrata - Storica)

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